Lavoro da quattro anni all’Aquila. Ciò che amici e conoscenti mi chiedono ciclicamente è se in città, in termini di ricostruzione, sia ancora tutto fermo. I miei amici e conoscenti non sono certamente un campione statistico rappresentativo: ciò non toglie che questa loro percezione di come stia procedendo la ricostruzione sia significativa, soprattutto perché mi pare piuttosto in linea con la retorica nazionale sul post-sisma, costruita, senza gradi eccezioni, dalla maggior parte dei mass media italiani.
Per quanto le cose sembra stiano cominciando (leggermente) a cambiare negli ultimi tempi, ciò che in tutti questi anni si è letto con più frequenza sui principali quotidiani nazionali sono stati racconti su quanto la ricostruzione procedesse a rilento o quanto con il contagocce arrivassero i finanziamenti pubblici. E, a ogni anniversario del sisma, ciò che le principali testate giornalistiche prediligono mostrare sono le foto di case ancora sventrate, di moduli abitativi provvisori, di macerie. Per esempio, in occasione dell’ultimo anniversario del terremoto, il 6 aprile 2016, su Repubblica si leggeva: “Per gran parte del capoluogo troppo poco è cambiato. Panni stesi fuori dalle finestre da sette anni a prendere sole, pioggia e neve, frigoriferi semivuoti, abbandonati nei cortili e pezzi di vita lasciati senza che nessuno si preoccupi di recuperarli, armadi ancora pieni di vestiti e oggetti di una vita interrotta dal terremoto delle 03:32. Nei vicoli, tra le impalcature e i portoni aperti dei palazzi distrutti, ogni tanto si incontra un cittadino che vaga in cerca dei ricordi”.
Ora, non c’è dubbio che i problemi, le inefficienze e le lungaggini in cui la ricostruzione è incappata sono state numerose. E’ tuttavia sorprendente come questa retorica nazionale si sia alimentata quasi soltanto di quelle che, con ogni probabilità, erano solo percezioni fugaci, frutto di uno sguardo frettoloso sulla città e focalizzato solamente sul centro storico dell’Aquila – che è una parte sicuramente rilevante della città, ma assolutamente minoritaria, per esempio dal punto di vista della popolazione ospitata prima del sisma del 2009 (ed è tra l’altro la porzione della città in cui, per diverse ragioni, la ricostruzione è proceduta più lentamente). Questi sguardi superficiali sono stati reiterati acriticamente nel corso degli anni, senza che alcun giornalista conducesse una vera analisi approfondita della situazione sul campo, senza che ci si prendesse la briga di far riferimento ai dati di ciò che stava veramente accadendo in termini di ricostruzione. Il prodotto di tutto ciò è stata una retorica nazionale sfuocata.
Oggi un sito internet, OpenDataRicostruzione – nato da un progetto di ricerca del Gran Sasso Science Institute in collaborazione con l’Università dell’Aquila, il Comune dell’Aquila, gli Uffici speciali per la ricostruzione e ActionAid – rende finalmente facilmente accessibili e consultabili moltissimi dati sulla ricostruzione. E ciò che questi dati raccontano è decisamente significativo. In particolare, tra le varie cose, questi dati smentiscono due luoghi comuni.
Il primo luogo comune è quello secondo cui i soldi sarebbero arrivati a singhiozzo, e comunque con il contagocce. I dati raccontano invece un’altra verità. Complessivamente, a oggi, sono stati finanziati dallo Stato interventi per 7,7 miliardi di euro. (Per “importi finanziati” si intendono gli importi riconosciuti come erogabili dallo Stato). Di questi, 4,7 miliardi sono già stati liquidati a seguito dell’esecuzione del lavori previsti.
Una parte di questi interventi riguarda la ricostruzione privata, ossia gli edifici di proprietà di soggetti privati, localizzati tanto nel cratere del terremoto (ossia i 60 comuni più colpiti dal sisma, compreso il comune dell’Aquila), quanto in quei comuni fuori dal cratere che hanno subito danni di lieve entità legali al sisma del 2009. Complessivamente, relativamente agli edifici di proprietà privata, sono stati a oggi riconosciuti come effettivamente finanziabili interventi per 6,5 miliardi di euro. Di questi, 4,4 miliardi sono già stati liquidati a seguito dell’esecuzione del lavori previsti. Una parte consistente di questi fondi ha riguardato il comune de L’Aquila, rispetto al quale sono stati riconosciuti come finanziabili interventi per 4,5 miliardi, di cui 3,5 miliardi già erogati.
Un’altra parte di questi interventi riguarda la ricostruzione pubblica, ossia interventi su beni di proprietà di enti pubblici (Comuni, Province, Stato ed aziende pubbliche, come per esempio l’Azienza Territoriale per l’Edilizia Residenziale), tra cui scuole, chiese, cimiteri, alloggi pubblici, impianti sportivi e infrastrutture. Complessivamente, per gli interventi su edifici o strutture di proprietà pubblica sono stati riconosciuti come effettivamente finanziabili interventi per 1,2 miliardi. Di questi, 342 milioni di euro sono già stati liquidati a seguito dell’esecuzione del lavori previsti. Anche in questo caso un numero consistente di interventi riguarda il comune dell’Aquila, dove sono stati finanziati interventi su edifici pubblici per 875 milioni di euro – di questi, 266 milioni sono già stati erogati a seguito della conclusione dei lavori.
Si tenga presente che stiamo parlando di un’area con una popolazione piuttosto limitata: nel comune dell’Aquila, per esempio, risiedevano prima del sisma circa 70.000 abitanti. Gli abitanti complessivi di tutti i comuni del cratere (compresa l’Aquila) sono circa 140.000.
Il secondo luogo comune, veicolato da quasi tutta la stampa nazionale, è quello secondo cui tutto sarebbe ancora fermo (o quasi). Anche in questo caso i dati suonano come una clamorosa smentita. Come precedentemente accennato, sono già stati conclusi lavori che lo Stato ha finanziato con 4,7 miliari di euro. Se poi si guarda alla ricostruzione privata (quella, in sostanza, delle abitazioni), si scopre che questa comincia a essere finanziata già all’indomani del sisma, nel 2009, sebbene con cifre ridotte (111 milioni di euro). Un incremento significativo dei finanziamenti avviene a partire dal 2010, quando si raggiungono i 613 milioni annui, mentre il salto di scala avviene due anni più tardi, nel 2012, quando la ricostruzione privata viene finanziata con 1,3 miliardi di euro. I contributi pubblici si sono mantenuti elevati anche negli anni successivi: 1,2 miliardi nel 2013, 815 milioni nel 2014, 974 milioni nel 2015.
Anche in termini di ricostruzione pubblica, la situazione non è quella di uno stallo. Complessivamente, sono stati messi in campo 894 interventi: circa un terzo di questi è già stato concluso (278 interventi), un terzo è in fase, più o meno avanzata, di realizzazione (192 interventi in fase di attuazione e 155 in fase di collaudo) e poco meno di un terzo in fase di preparazione (62 interventi in programmazione e 207 in fase di progettazione). Alcuni di questi interventi sul patrimonio pubblico sono stati avviati e conclusi immediatamente dopo il sisma; la quota principali si avvia però nel 2011, nel corso del quale risultano attivi 193 interventi, ordine di grandezza che si mantiene costante anche nei tre successivi anni.
I dati, dunque, parlano chiaro: dire che i fondi pubblici non sono arrivati e che, in questi anni, si è ricostruito poco è un’inesattezza. Naturalmente, ciò non significa automaticamente sostenere che si sia fatto abbastanza e abbastanza tempestivamente, che i fondi stanziati siano stati sufficienti e siano stati spesi bene. Allo stesso modo i dati aggregati non raccontano l’andamento differenziato della ricostruzione in diverse parti della città: in alcune porzioni del centro storico la ricostruzione non è ancora partita, mentre è conclusa nella gran parte della città che si estende al di fuori della mura.
Tutte queste questioni sono cruciali, ma pertengono alla sfera delle valutazioni soggettive e non dei dati di fatto. Su queste opinioni ci si può e deve confrontare e scontrare, ma a patto di non ignorare o travisare la realtà che i dati descrivono.