Qualche giorno fa il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato le ennesime disposizioni contro le moschee.
Si tratta di due mozioni, una contro la possibilità di regolarizzazione delle “moschee abusive”, l’altra contenente indicazioni quali la creazione di un registro degli imam, il censimento dei centri culturali islamici, installazione di telecamere nelle moschee. Queste sono solo le ultime di una serie decisioni finalizzate a rendere estremamente difficile (praticamente impossibile) la presenza di luoghi di culto islamici (legali) sul territorio regionale.
Il principale provvedimento di questo tipo è stato approvato qualche anno fa, sotto forma di una modifica alla legge urbanistica regionale. Parte di questa modifica è stata poi dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, per discriminazione delle minoranze religiose.
Ora, prima di entrare nel merito della questione dell’innegabile razzismo delle forze politiche al governo della Lombardia (e, insieme ad esse, del Movimento 5 Stelle, che ha votato compattamente insieme al centro-destra), sono necessarie alcune informazioni di contesto sulla presenza islamica in Lombardia.
In Lombardia vivono circa 350.000 musulmani. Si tratta sia di stranieri regolarmente residenti, sia di cittadini italiani (stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana; persone nate in Italia e poi convertitesi all’islam; persone nate in Italia da genitori stranieri – le cosiddette seconde generazioni). A fronte di tale presenza, in Lombardia esiste una sola moschea formale propriamente detta (ossia con cupola, minareto e simboli islamici): è quella di Segrate, di poco più di 100 metri quadrati di superficie. In varie parti della regione gruppi e associazioni islamiche avanzano da anni la richiesta di costruire – a loro spese – nuove moschee. Tali richieste sono sistematicamente rifiutate dalle amministrazioni comunali. Non è dunque strano che i musulmani in Lombardia (così come in altre parti d’Italia) si siano adattati a pregare in luoghi informali e temporanei: sedi di associazioni culturali, abitazioni private, capannoni e magazzini utilizzati all’occorrenza per il culto. Questa situazione, però, alle forze politiche di centro destra (con la Lega in testa, tutto il centro-destra a ruota e il Movimento 5 Stelle che si è recentemente accodato) non pare andare bene.
In effetti, si tratta di una situazione inaccettabile. La Costituzione stabilisce chiaramente il diritto alla libertà religiosa individuale, ma anche quello, a esso connesso, di edificare luoghi di culto per tutte le minoranze religiose. La legislazione urbanistica stabilisce che tutti i luoghi di culto, così come altri servizi di interesse collettivo, dovrebbero essere costruiti con il supporto (anche finanziario) delle autorità pubbliche, in base alle esigenze della popolazione residente. E in effetti questo è quello che accade per le chiese cattoliche e i luoghi di culto di alcune minoranze religiose – tra cui, però, non rientra l’islam.
Lega & co., però, si sono sempre opposti a ciò, concretizzando tale opposizione nella modifica della legge urbanistica regionale prima menzionata, che rende difficilissimo costruire nuovi luoghi di culto per le minoranze religiose. Se ci si fermasse qui, tutto sommato, visto il clima non propriamente tollerante che si respira nel paese, si potrebbe pure essere soddisfatti. Tutto ciò sarebbe illiberale – una palese violazione del principio di uguaglianza di trattamento nell’azione pubblica – ma tant’è. Pur in mancanza di un supporto pubblico, i musulmani sarebbero liberi di crearsi i propri luoghi di culto, pagandoli di tasca propria, per esempio convertendo edifici esistenti in sale di preghiera. E ciò, in effetti, è esattamente quello che è avvenuto negli ultimi decenni.
Lega & co., però, non sono solo illiberali, ma anche chiaramente razzisti. Perciò si sono gettati all’assalto dei luoghi di culto informali creati dai musulmani (quelle che chiamano “moschee abusive”) intimandone la chiusura.
In sostanza, il quadro (paradossale) è il seguente: le autorità pubbliche in Lombardia non garantiscono la costruzione di luoghi di culto islamici (come dovrebbero per legge). Ma non vogliono nemmeno che gli islamici creino autonomamente i propri luoghi di culto. Si deve dunque concludere che il problema non è la legalità o il rispetto della legge, ma, molto semplicemente, l’islam. Non si vogliono musulmani in Lombardia, ma, non potendoli cacciare, ci si accontenta (per ora) di negare loro di praticare uno degli atti fondamentali che li contraddistingue come musulmani: pregare collettivamente.
Come se non bastasse, tutto ciò viene condito con una serie di altri provvedimenti che, da soli, provocherebbero scandalo in qualunque paese anche solo tiepidamente liberale e tollerante. Per esempio, la proposta di istallare all’interno delle moschee telecamere collegate con gli uffici delle forze dell’ordine (perché, allora, non installarle in tutti i luoghi di culto e, già che ci siamo, anche nelle discoteche e nelle stazioni di polizia?). O il fatto di “di passare al vaglio i testi che vengono usati in attività religiose e pedagogiche”, come dichiarato dall’assessore regionale al territorio, Pietro Foroni – il quale, tra l’altro, non pago, si lamenta anche del fatto che “chi frequenta questi luoghi di culto non è sottoposto a nessun tipo di controllo da parte delle istituzioni pubbliche” (dovremmo dunque schedare tutti coloro che si recano a pregare?).
Tutto ciò, naturalmente, viene giustificato in nome della sicurezza, visto che tali moschee sarebbero fucina di pericolosi terroristi. Se anche così fosse (e chiare prove in questo senso non paiono esserci), non sarebbe forse meglio regolarizzare questi luoghi di culto in modo che, emersi alla luce del sole, siano oggetto di un controllo sociale diffuso? E regolarizzarli in modo che il riconoscimento pubblico della dignità dell’islam sia vettore di un messaggio di tolleranza verso i musulmani in Italia, utile a stemperare tensioni sociali e promuovere integrazione?
Per concludere questo quadro edificante, aggiungo due ultime annotazioni. La prima è che la linea islamofoba della Regione Lombardia, come più volte dichiarato, punta a diventare un esempio a livello nazionale, da replicare nelle altre regioni. E, in effetti – dettaglio sfuggito a praticamente tutti i commentatori -, il “Contratto di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle” contiene indicazioni di questo tenore.
La seconda è che anche le forze di opposizione non sembrano avere una linea chiara sul tema. Non solo in Regione hanno votato una delle mozioni in questione (quella che, tra le altre cose, contiene la richiesta dell’installazione di telecamere all’interno delle moschee), ma in molti Comuni in cui governano non fanno nulla per garantire tale diritto al culto per i fedeli musulmani. La Milano di Beppe Sala, da questo punto di vista, è un’eccezione, visto che aveva avviato un processo per “regolarizzare” quattro storiche moschee informali – procedimento che, per l’appunto, ha generato la reazione del Consiglio Regionale, che ha approvato un’apposita mozione per fermare tale regolarizzazione.
[Pubblicato su Gli Stati Generali, 14.11.2018]